Al tempo del profeta Geremia, quando la prosperità del popolo di Israele era ai minimi storici, quando la sua condizione era per certi aspetti diventata simile ai tempi della sottomissione al faraone e l’alleanza del Signore si mostrava infranta e fallita a causa di un raffreddamento dei sentimenti, dal momento che la fedeltà di Dio al proprio patto è più ostinata persino di tutti i vizi e di tutti i peccati dell’uomo, si prefigura una nuova modalità in cui Dio rinnoverà l’antica alleanza.
La prima forma del patto era fondata sull’intervento potente di Dio a favore del suo popolo che lo ha aveva liberato dalla schiavitù e poi l’aveva assistito nel lungo cammino nel deserto conducendolo nella terra promessa, e l’aveva sempre difeso dai nemici. Ciò che il Signore chiedeva in cambio a Israele era semplice: temere Dio e osservare la legge morale che Dio stesso gli aveva dato in dono.
Ma come sappiamo, fin dal primo momento dopo la liberazione si è fatta strada un’idea alternativa a Dio e più stuzzicante: l’idolatria. Il vitello d’oro è stata la prima chiara manifestazione che di Dio ci si può dimenticare e che lo si può sostituire con qualsiasi cosa che in quel momento piaccia di più: un dio fatto ad uso e consumo.
Distrutto il vitello del Sinai, molti altri idoli sono stati creati con lo stesso fine di togliere di mezzo il Dio geloso ed esigente con qualcosa di più gratificante: i precetti della Legge, quelli che Gesù chiama “tradizioni degli uomini” sono stati privati del senso religioso ed utilizzati come servizio a basso costo per mettere in serenità la coscienza; anch’essi sono diventati di fatto idoli.
Persino la figura del re non era priva di componenti idolatriche in quanto tutti si aspettavano che il re non tanto desse gloria a Dio a nome di tutti, quanto invece che avrebbe garantito pace e prosperità, lasciando Dio, l’origine di ogni bene, in secondo piano.
Il sistematico disattendere l’alleanza con il Signore, il preferire altre cose a lui, ha condotto nel tempo al crollo irreversibile di quelle false “certezze”, come quella che il benessere di Israele in perenne crescita fosse garanzia divina, indipendentemente dalla fedeltà della gente.
Dio, nonostante tutto, non toglie la sua benevolenza e non rinnega la propria fedeltà, ma la riformula in modo che si possa ripartire su basi nuove.
La nuova alleanza, la nuova legge, non sarà più “fuori”, non verrà più dall’esterno, ma “porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore”. L’antica alleanza, basata su uno scambio quasi commerciale dell’io che faccio questo e Dio mi darà quest’altro, era debole perché a stento da fuori entrava nel cuore e senza un forte sentimento religioso, la fedeltà commerciale si spostava ben presto su altri mercati, dove vi erano apparenti sconti e promozioni, il mercato dell’idolatria. Proprio il cuore doveva ritornare ad essere l’origine e non l’effetto dell’alleanza, perché è nel cuore che conosciamo veramente il Signore; è il cuore che ci muove a pentimento così da ricevere il perdono;
è grazie al cuore se impareremo a mai allontanarci dalla fonte della vita.
Gesù è sceso tra noi per impiantare in maniera stabile questa nuova alleanza. Con le parole del Figlio di Dio, il Signore parla direttamente ai cuori e può trasmettere a tutti coloro che le accolgono ciò che anticamente era più difficile:
l’essenza di Dio come amore.
La nuova modalità di rivelare Dio e la sua salvezza non passa più tanto dall’esibizione della forza, come per esempio l’attraversamento del Mare Rosso, ma sulla fragilità umana del Figlio di Dio la cui glorificazione passa per la croce. Non più l’assegnazione del privilegio che porta a fraintendimenti, come la gloriosa Terra Promessa, ma la necessità del sacrificio di sé per essere veramente inseriti nella gloria di Dio.
In questa nuova modalità di alleanza, persino la morte perde la sua impronta di maledizione e verrà resa da Dio la porta per la vita: “se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. Chi è che ama la propria vita? Tutti in ogni epoca, senz’altro. Ma chi è che la ama veramente? Coloro che sulla parola e sull’esempio del Signore sono disposti a perderla per riaverla glorificata da Dio. Perdere la propria, non perdere quella degli altri.
La vita altrui va difesa fino al proprio sacrificio.
Gesù questo ha fatto: per salvare noi si è sacrificato lui. Ecco la nuova alleanza che mette a nudo gli idoli e si imprime direttamente nel nostro cuore. Lasciamoci “attirare” dalla gloria che sta oltre il patibolo di Cristo, lì è vita e benedizione, mentre dietro il luccichio dell’idolo di turno non c’è altro che la desolazione del nulla.