Non è facile seguire Gesù. Oggi come ieri quando in pochi, come i Dodici, lo seguono fino alla fine perché legati a lui da amicizia e fiducia. Francesco lo ricorda all’Angelus commentando il Vangelo proposto dalla liturgia odierna con i fedeli presenti in un’assolata Piazza San Pietro.
Signore, da chi andremo?
Il linguaggio del Signore era spesso non semplice da capire. La resistenza ad accettare i paradossi del suo amore, le esigenze estreme della sua misericordia, la radicalità del suo modo di donarsi a tutti, porta molti ad abbandonarlo. San Pietro sa che solo in Cristo è la vita e dice: “Signore da chi andremo?”. Pur non comprendendo sempre quello che il Maestro dice e fa”, spiega il Papa, “I Dodici sono rimasti perché in Lui hanno trovato parole di vita eterna”.
Le scelte di Gesù spesso vanno oltre la mentalità comune, oltre i canoni stessi della religione istituzionale e delle tradizioni, al punto da creare situazioni provocatorie e imbarazzanti (cfr Mt 15,12). Non è facile seguirlo.
La risposta alla sete di vita
“Tra i tanti maestri di quel tempo – prosegue il Vescovo di Roma – Pietro e gli altri hanno trovato solo in lui la risposta alla sete di vita, di gioia, di amore che li anima: solo grazie al Lui hanno sperimentato la pienezza di vita che cercano, oltre i limiti del peccato e persino della morte”.
Sacramenti e preghiera per vivere l’amicizia con Gesù
A duemila anni di distanza, l’esperienza degli apostoli è quella che facciamo anche noi, nella nostra vita quotidiana “non è facile seguire il Signore”, comprendere il suo modo di agire e fare nostri i suoi criteri ed esempi”. Il Vescovo di Roma invita tutti a chiesdersi: “Quanto è presente Gesù nella mia vita? Quanto mi lascio toccare e provocare dalle sue parole? Posso dire che sono anche per me ‘parole di vita’”?
Il pensiero per la pace e le Chiese in Ucraina
È una forte preoccupazione quella che Francesco esprime parlando subito dopo la preghiera dell’Angelus: quella che non si permetta a chi vuole, di poter pregare “in quella che considera la sua chiesa”. Un riferimento diretto alla decisione del Parlamento ucraino di mettere al bando la Chiesa ortodossa legata al Patriarcato di Mosca.
Continuo a seguire con dolore i combattimenti in Ucraina e nella Federazione russa, e pensando alle norme di legge adottate di recente in Ucraina, mi sorge un timore per la libertà di chi prega, perché chi prega veramente prega sempre per tutti. Non si commette il male perché si prega. Se qualcuno commette un male contro il suo popolo, sarà colpevole per questo, ma non può avere commesso il male perché ha pregato. E allora si lasci pregare chi vuole pregare in quella che considera la sua Chiesa. Per favore, non sia abolita direttamente o indirettamente nessuna Chiesa cristiana: le Chiese non si toccano.
La decisione di Kyiv
Il disegno di legge votato lo scorso 20 agosto a Kyiv a stragrande maggioranza, e che concede alle parrocchie interessate nove mesi di tempo per interrompere i legami con la Chiesa ortodossa russa, ha suscitato l’immediata reazione del Patriarcato di Mosca che ha commentato parlando di “evidente violazione dei diritti umani riconosciuti a livello internazionale nel campo della libertà religiosa”.
Pregare per mettere fine alle guerre
Francesco, sempre dopo l’Angelus, ha quindi chiesto di pregare affinché “si ponga fine alle guerre, in Palestina, in Israele, in Myanmar e in ogni altra regione”, perché “i popoli chiedono pace”.