Si è svolta ieri mattina, 6 aprile, in Cattedrale a Lugano la Messa crismale del Giovedì Santo, presieduta da mons. Alain de Raemy, alla quale hanno partecipato circa 160 fra sacerdoti, diaconi, seminaristi, ma anche numerosi fedeli. Nella sua omelia l’Amministratore apostolico ha salutato e ringraziato tutti coloro che, secondo la propria vocazione e esperienza di vita, manifestano la propria fede «impregnata dal profumo dell’amore di Cristo degli oli santi del sacramento del battesimo, della cresima e degli infermi». In seguito, rivolgendosi ai confratelli sacerdoti – attuali e futuri -, «primi e prudenti cooperatori del vescovo», attuali e futuri diaconi «servitori della carità», ha ricordato la provvisorietà del suo mandato, nell’attesa che venga nominato il nuovo vescovo.
«Non riesco ad essere vescovo a metà, non posso volervi bene in modo provvisorio», ha sottolineato. «Vorrei tanta trasparenza fra tutti noi, anche con i fedeli: tutto può essere detto al vescovo, ma vi prego non con messaggi anonimi: accusare senza assumersi la responsabilità è peccato contro la fraternità. Si può e si deve condividere: cosa sarebbe una Chiesa sinodale senza un vescovo collegiale. Il vescovo da parte sua deve essere libero anche lui di poter dire tutto ai suoi fratelli presbiteri». Non per rimproverare, precisa, ma per condividere apertamente la sua visione, i sui pensieri, le sue preoccupazioni: «Il Papa non smette di ricordarci che la Chiesa tutela una Rivelazione, non un’ideologia concordata con maggioranza. La Chiesa non può essere una democrazia, ma un popolo di Dio con pastori che promuovono e ascoltano, e non spengono mai tutti i carismi e i doni dei Christifideles laici per l’evangelizzazione: siamo tutti insieme il popolo di Dio».
Mettendosi all’ascolto della sorgente della nostra fede, la parola di Dio, mons. de Raemy si è soffermato su tre frasi in particolare della liturgia della parola.
«In quel tempo, Gesù si recò a Nazaret, dove era stato cresciuto; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere».
Ogni confratello ha le proprie origini, cultura, storia, «un’esperienza iniziatica che va rispettata, onorata, curata» e che è una ricchezza. «Benedetta sia ogni occasione di scambio, di condivisione, di compassione che ci fa riscoprire quanto Dio ci ama diversi e uniti, uniti e diversi», ha sottolineato De Raemy. Dal giorno dell’ordinazione la famiglia prioritaria del presbitero, senza dimenticare le sue radici, sono i fratelli e le sorelle che con lui trasmettono e testimoniano la parola di Dio.
«Dall’apocalisse: a Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.«
Una vita intera non è abbastanza per capire, accogliere, vivere questo amore inimmaginabile di Gesù per noi, sottolinea il vescovo.
«Essere cristiano vuol dire essere donna e uomo che accoglie una vera e propria «follia» con Dio che tutto da di sé. I più bei romanzi d’amore non arrivano al grado al quale è arrivato l’amore di Dio per noi. Cristo si è lasciato crocifiggere sulla croce. Ci ha liberato dai nostri peccati con il suo sangue. A lui la gloria».
Accogliendo questo amore i sacerdoti sono chiamati a riversare con i sacramenti, la predicazione, con la guida spirituale, la «follia di Dio» nel cuore, nell’anima, nel corpo degli uomini.