«Con questa decisione non solo acquista maggiore incidenza il contributo delle donne all’organizzazione delle comunità, ma anche i ministeri del lettorato e dell’accolitato si prepararono ad essere ruoli più incisivi entro la comunità». È questo il significato, secondo Elena Bolchi, giudice del Tribunale Ecclesiastico regionale lombardo e docente di diritto canonico, delle novità introdotte da papa Francesco l’11 gennaio con il motu proprio «Spiritus Domini».
Modificando il primo paragrafo del canone 230 del codice di diritto canonico, il Papa ha stabilito che le donne potranno accedere da ora in poi ai ministeri del lettorato e dell’accolitato nella Chiesa cattolica: anche a loro potrà essere affidato in modo stabile il compito di leggere la Parola di Dio durante le celebrazioni liturgiche e lo svolgimento di un servizio all’altare, come ministranti o dispensatrici dell’eucaristia.
Dal Concilio Vaticano II
Una scelta definita da molti «storica», per l’integrazione delle donne nel contesto liturgico, e che – come sottolinea Elena Bolchi –, riconosce ufficialmente il servizio che molte donne, in tantissime parti del mondo, hanno cominciato a svolgere dopo il Concilio Vaticano II, senza essere istituite in questi ministeri laicali, al pari di molti uomini.
La riscoperta del valore del battesimo
Questa scelta evidenzia ancora di più il valore del battesimo: «Come scrive il Papa, il battesimo è partecipazione piena della vita di Cristo, dunque anche alla sua funzione sacerdotale. Ogni battezzato è chiamato ad essere strumento della comunione che unisce Dio all’umanità e l’umanità a Dio. Papa Francesco ci invita a riscoprire la dignità battesimale, sottolineando che esiste una ministerialità di tutto il Popolo di Dio, e non solo in chi è chiamato al sacerdozio o al diaconato.
Parlo di una «sottolineatura»: il Papa non ha fatto altro che riconoscere come le donne partecipino in modo sempre più attivo alla liturgia, sino a essere una presenza costante nelle comunità, nel servizio all’altare».
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Fonte: www.catt.ch.