XXV Domenica del Tempo ordinario, commento al Vangelo:
Il lavoro è parte integrante dell’attività umana. Noi siamo creati ad immagine e somiglianza di Dio e Dio è un lavoratore instancabile. Lo vediamo all’opera nelle pagine di Genesi quando dal nulla trae l’universo e tutti gli esseri che ci vivono, quando impasta il fango terrestre dandogli forma umana e gli soffia nelle narici lo spirito che lo rende vivo, ma il lavoro del Signore non si ferma agli atti iniziali, egli continuamente regge la creazione, la mantiene in equilibrio, la cura, la provvede, perché se così non fosse tutto ciò che conosciamo, noi stessi ritorneremmo istantaneamente nel nulla dal quale siamo stati estratti. Il lavoro di Dio è anzi, per così dire “aumentato” perché oltre a mantenere in vita l’universo si fa in quattro per ripristinare in bellezza il suo capolavoro sciupato dal peccato: noi. “Dio è atto puro” ci insegna San Tommaso d’Aquino, niente in lui è soltanto “potenziale”, è sempre attivo, è sempre al lavoro.
Il valore del lavoro
Questo significa che il “lavoro” non può ridursi ad una attività per il proprio mantenimento e, se fosse possibile evitarlo, lo si farebbe volentieri. Noi siamo “collaboratori” di Dio, proprio nel senso etimologico di lavorare “con” lui e “per” lui; noi siamo chiamati a partecipare con il Signore sia all’opera della creazione che a quella della redenzione, e in questo senso noi non abbiamo vacanze, tanto che l’idea stessa di “tempo libero” è in contraddizione con il senso stesso del nostro vivere. La tradizione monastica ha organizzato la giornata scandita da ore di preghiera liturgica e ore di lavoro comunemente inteso, ma non dobbiamo dimenticarci che la preghiera comunitaria è detta “opus Dei”, lavoro divino e come il lavoro ordinario anche l’attività spirituale richiede impegno e dedizione. È chiaro così che la giornata del monaco, cioè di colui che si mette più vicino al cuore di Dio, è interamente lavorativa. Persino la “ricreazione” non è da pensarsi come uno stacco dal lavoro (ampiamente inteso), ma come il lavoro che consolida le relazioni fraterne attraverso il dialogo e la condivisione di momenti di gioia, e perciò “ricrea”, rimette in forze. Un lavoro al servizio del lavoro potremmo concludere.
A questa luce ci sarà più facile interpretare la parabola di Gesù sugli operai delle varie ore senza cadere nella trappola di solidarizzare con il malumore di chi ha lavorato tutto il giorno e ha guadagnato tanto quanto chi è arrivato per ultimo. Infatti, se riduciamo il lavoro a “fatica” di cui farei volentieri a meno ci appare subito “ingiusto” il trattamento “imparziale” che non tiene conto del peso della giornata. Il Signore però non sta promuovendo un approccio sindacale che non debba tener conto dell’impegno del lavoratore; sta parlando di lavoro in senso divino, di chi collabora con lui nella sua “vigna” cioè il campo che è il mondo; quando poi dice “giornata” intende l’arco intero della vita. E quando promette “un denaro”, che è il salario equo del bracciante per un giorno di lavoro, intende la beatitudine eterna.
Ecco perché chi si aspetta di ricevere di più ragiona nell’assurdo: può uno meritare più di una vita eterna? Due, magari tre? Chi non comprende la bellezza del lavoro che ci chiede il Signore e si ferma a sindacare sulla fatica che gli è toccata, probabilmente si troverà ad invidiare per esempio il ladrone pentito, che ha vissuto di crimini, giustamente condannato e crocifisso e negli ultimi istanti di vita incontra la misericordia di Cristo e anche lui ottiene in extremis il suo “un denaro”. Pochi istanti di lavoro nella vigna e riceve quanto gli altri.
Perché il ladrone salvato non è da invidiare? Perché la sua vita non ha incontrato la chiamata di Dio a lavorare per lui, o magari l’ha proprio rifiutata e ha vissuto male, senza produrre nulla di buono per sé e per gli altri. Cerchiamo allora di mantenere un orizzonte ampio per quanto riguarda il lavoro cui il Signore ci chiama, abbastanza ampio da sentirci partecipi del lavoro di Dio per gioire di essere stati chiamati fin dalla prima ora, di sentire quanto è bello e appagante lavorare senza sosta in questo mondo come Dio fa da sempre e per sempre. La fatica non ci sarà risparmiata, ma passerà in secondo piano, perché il Signore ci avrà elevati ai “suoi pensieri”, alle “sue vie” fin dalla prima ora. Non un’ingiustizia, ma un grande privilegio.
Buona domenica!