Ancora una volta, in questa notte, mi colpisce il ruolo giocato dalle donne nel vangelo.
Le donne che sembrano essere proprio prese da questa morte, non vogliono lasciare il sepolcro, non vogliono lasciare Gesù. Luca dice che stanno lì fino alla Parasceve, cioè al momento in cui poi iniziava il sabato per gli ebrei e “già – dice Luca in quel bellissimo passo – spuntavano le prime luci del sabato”. E poi ritornano al mattino presto. Cosa fanno nel frattempo? Preparano aromi e profumi, cioè preparano quei gesti e quelle cose che si fanno quando si vuole che una persona ci sia di nuovo.
Non c’è più il corpo, ci sarà l’aroma, questo profumo. E allora loro preparano questo profumo che, secondo la tradizione, era un gesto molto comune che dovevano fare le donne. Erano le donne che avevano il compito di ungere i corpi morti (anche lì come dire: tanto voi siete contaminate, i corpi morti anche, quindi fate pure…) cioè questa solidarietà degli esclusi: escluso Gesù, fino a morire fuori le mura di Gerusalemme, escluse le donne. Eppure loro vanno, Giovanni (lo ascolteremo domani nella messa) dice: al mattino molto presto, quando era ancora scuro.
C’è un desiderio che sospinge e, guardate, (sono parole di una teologa, A. Potente, alla quale mi riferisco per l’omelia di questa sera), se noi non riscopriamo il nostro desiderio continueremo a vivere in questa storia con paure, affidando la nostra vita a dei pagliacci, affidando la nostra vita al denaro, affidando la nostra vita a tutto meno che a Dio.
La Pasqua risvegli in noi questo desiderio, che è il desiderio delle donne che amano Gesù e lo amano al punto da “resuscitarlo”! Dio ci doni questo desiderio, la Pasqua ci doni questo desiderio per risvegliare in noi l’amore, per sentirci persone vicine alla situazione di milioni e milioni di persone vicino a noi e nel mondo intero delle quali rischiamo di non vedere il dolore, la fatica, l’esclusione.
E che cosa ci potrebbe far imparare a vivere l’assenza dei nostri cari? Il desiderio che ha la forza di aspettare, di aspettare anche nell’invisibile cioè quando il corpo non si vede, quando il dolore degli altri lo percepiamo in modo silenzioso e lo viviamo in silenzio, stando vicino, preparando per loro aromi e oli profumati.
Perché è così che si vive il dolore, non arrangiando le cose ma condividendolo, attraversandolo insieme agli altri.
Questa forza delle donne credo sia quella che sintonizza di più con la forza di Gesù. E Lui, come dicevo prima, si risveglia; quella presenza che si alza, agitata, di buon mattino, in fretta, per andare al sepolcro (in Giovanni è una, negli altri sono le donne e probabilmente anche Maria, sua madre) mi affascina questa lettura che spero non essere troppo eretica: l’importanza, il ruolo del desiderio, dell’amore nella Risurrezione di Gesù.
Ne sono nominate tre qui; Luca scrive anche delle altre. Mi piace immaginare che ci siano tutte, perché hanno giocato un ruolo fondamentale nella vita di Gesù. Possono insegnare molto anche a noi: ad esempio, quanto vale la vita di Gesù? Per Giuda 30 denari, il prezzo del cadavere di uno schiavo; per Maria di Betania 300 denari, tanti! Troppi secondo Giuda che si irrita!
Ecco… mi piace pensare che ci sia Maria di Betania allora.
– Ma anche la suocera di Pietro che insegnato il servizio
– La donna Cananea: l’universalità della missione di Gesù
– Marta: la dedizione
– La prostituta in casa di Simone: l’amore, la cura, il coraggio di esporsi
– La vedova povera: l’abbandono, la fiducia in Dio
– La samaritana: la preziosità dell’incontro
– L’emorroissa: la tenacia
– Maria di Nazareth: ascoltare la Parola e generarla nella vita degli altri.
Imparare dalle donne del vangelo, per rendere presente Gesù nel quotidiano, nella vita di tutti i giorni.
Don Maurizio Prandi
Fonte: Qumran.net