Scrivono i Padri della Chiesa, che cercando Dio si arriva a conoscere se stessi, il senso della vita e del mondo intero. Il monaco in particolare è colui che nella ricerca di Dio pone lo scopo di tutta la sua vita. Nella sua Regola, San Benedetto pone per questo, come requisito per l’accettazione del fratello o della sorella in comunità, che «ricerchi veramente Dio». Vocazione, questa, abbracciata anche dalla ticinese suor Maria Ancilla Pedrazzini, spentasi lo scorso 21 luglio, nel monastero benedettino di Rosano, vicino Firenze, a cui fino a due anni fa era affiliato il monastero di Claro.
Di origini locarnesi, 46 anni, Maria Ancilla – battezzata Cristina – era entrata in comunità a Claro alla soglia dei trent’anni, compiendo una scelta che non aveva mancato di far parlare di sé: si lasciava infatti alle spalle, oltre agli studi universitari, anche la sua grande passione per lo sport, praticato anche a livello agonistico.
La stessa suor Maria Ancilla aveva ripercorso quegli anni in una testimonianza rilasciata al «Giornale del Popolo» in occasione della sua professione solenne, avvenuta nel 2010. Nelle sue parole si avverte il fremito per una vocazione che giunge improvvisa come il dono più bello di tutta una vita:
«Già dai primi anni delle scuole elementari, una domanda nel cuore si imponeva con forza; ma chi sono io? A questo interrogativo presto se ne sono aggiunti altri: che cosa farò nella mia vita? Qual è il mio posto nel mondo?
Con il passare degli anni queste domande furono in parte soffocate da un bisogno prepotente di fare nuove esperienze, di gestirmi in modo autonomo e non mi accorgevo che la corrente andava trascinando sempre più lontano dalla riva la piccola scialuppa della mia vita. Solo quando mi sono ritrovata in alto mare, sola e disorientata, ho alzato gli occhi al cielo, ho lanciato un grido a quel Dio ormai quasi del tutto abbandonato. E subito la sua mano mi ha soccorso».
Il suo pensiero andava con gratitudine anche a quanti, nel tempo, l’avevano saputa aiutare a trovare la strada: «Io monaca? Era sempre stato l’ultimo dei miei pensieri, ma questa era la volontà di Dio. Sì, ora ne ero proprio sicura, anzi sicurissima e con questa certezza interiore il mondo, le persone e tutte le cose non mi attiravano più, non avevano più alcun valore. Solo Dio, lui solo poteva colmare ogni mia aspirazione. Lui, nella sua bontà infinita, ha provveduto ad ogni cosa, come un fidanzato che fa di tutto per circondare di attenzioni la sua amata. E mi ha messo sul mio cammino persone che hanno saputo, anche involontariamente, guidare i miei passi e contribuire a farmi capire la sua volontà. E in fine sono stata guidata al porto della mia vita da un bravo sacerdote, un uomo di Dio, che ha saputo essere un silenzioso trampolino di lancio a lode al Signore».
Le consorelle, dal canto loro, imparano subito ad apprezzare suor Maria Ancilla per le sue doti. Il necrologio, reso pubblico dalla comunità in questi giorni, esprime il comune sentire delle monache: suor Maria Ancilla era dotata di «una natura particolarmente ricca di doni, un carattere forte, impetuoso, vivacissimo e comunicativo, capace di raggiungere con una costanza quasi caparbia ogni meta che si proponeva».
Il percorso della monaca è però presto segnato, in modo del tutto inaspettato e improvviso, dalla malattia, che dà le sue prime avvisaglie a soli nove mesi dalla professione dei voti monastici. La fede aiuta la giovane suora a darle un significato. Nelle parole delle consorelle rivivono anche quei momenti. Anche nel modo di affrontare il dolore suor Maria Ancilla si rivela un prezioso esempio per tutte:
«Sempre totalmente abbandonata alla volontà di Dio seppe affrontare un grosso intervento e la lunga cura che ne seguì, meravigliando tutti per la sua entusiasta vitalità e la sua capacità di vedere sempre il lato positivo delle situazioni ».
Nei dodici anni a seguire, la malattia, grazie alle cure, sembrava essere scomparsa, dodici anni in cui suor Maria Ancilla «poté mettere al servizio della comunità le sue doti e il suo senso di responsabilità». Solo di recente, la malattia si ripresenta: seguono altri due interventi e cure pesanti, fino alla consapevolezza che presto il Signore l’avrebbe chiamata a sé. «Allora si concentrò nel prepararsi a questo momento – raccontano le consorelle – fino a poter affermare pochi giorni fa: Ora le valigie sono pronte». Il pensiero delle consorelle si conclude nella gratitudine:
«Pur nel dolore rendiamo grazie a Dio per avercela donata nella certezza di avere un Angelo in Cielo».
Al dolore della comunità e dei famigliari per la perdita, si unisce anche l’Associazione degli Amici del Monastero di Claro: «L’esempio di suor Maria Ancilla ha aiutato molte persone nel loro cammino, in Ticino e non solo. Il nostro sarà un ricordo sempre pieno di affetto e di profonda riconoscenza per il tempo e la fede condivisi».
(Articolo apparso su Catholica il 31 luglio 2021)