Celebrare il momento della morte e di un distacco da una persona cara è sempre motivo di dolore e sofferenza, anche per chi ha fede. Sono certamente cosciente della malinconia che in questo momento abita il cuore di voi monache, di Madre Sofia che oggi è forzatamente assente e di voi familiari. Tuttavia questa mattina sento una serenità e una luce particolari nel celebrare questa Eucaristia nella quale salutiamo la nostra cara suor Immacolata. Penso sia dovuto al fatto che ci congediamo da una sorella che ha un bagaglio non indifferente con sé. Anzitutto la sua veneranda età: 96 sei anni compiuti a gennaio. Nata dunque nell’Anno Santo della pace dopo gli eventi della prima guerra Mondiale. 71 anni fa, nel 1950, sempre in un Anno Santo, fece la sua professione monastica. In questo 2021, Anno dedicato alla figura di san Giuseppe, patrono della buona morte, noi la salutiamo. Anche per questo, mi sento sollevato questa mattina predicando a voi, perché la buona morte suor Immacolata l’ha ottenuta: con i suoi occhi luminosi e il suo volto sereno, a cui eravamo abituati, ha vissuto i suoi giorni ultimi come si addice alle persone di fede. Si, perché abbiamo un buon motivo per vivere solo se abbiamo un motivo per morire. E suor Immacolata il motivo per vivere e morire l’ha avuto: il Signore, che ha seguito nella vita monastica, l’ultima rimasta della “vecchia guardia” di questo nostro caro monastero di Santa Maria Assunta sopra Claro. La mia conoscenza di suor Maria Immacolata è ovviamente limitata ai dialoghi silenziosi degli sguardi durante le celebrazioni di questi anni. Devo dire però che guadando oggi in coro già mi manca quella sua presenza insieme intelligente e innocente, furba nel senso positivo della parola e nel contempo profonda. Di fede, insomma. Una fede nata in un contesto certamente d’altri tempi, quando le nostre semplici famiglie e le nostre comunità riuscivano a far sbocciare ancora, in uno stesso nucleo familiare, due preti, don Ulisse e don Mario tanto ricordati in Diocesi, e una monaca, suor Immacolata.
La luce e la forza che sentiamo in questo momento, ci vengono non solo dall’oggettività della vita di suor Maria Immacolata, ma soprattutto dalla Parola di Dio che abbiamo appena proclamato. Provvidenziale la lettura degli Atti degli Apostoli di questo sabato della III settimana di Pasqua. “In quei giorni”, ci è stato detto, “la Chiesa era in pace”. Al di là di tutte le difficoltà, anche oggi sentiamo il profumo di questa pace, che è il Signore risorto. Una pace, quella degli Atti, anche per eventi straordinari, come la guarigione di Enea a cui Pietro dice: “Enèa, Gesù Cristo ti guarisce; àlzati e rifatti il letto”. Mi piace quel “rifatti il letto”. Segno di vita che riprende e di quotidianità e fedeltà ordinata. Mi fa venire in mente la tomba vuota del sepolcro, dentro la quale Pietro e Giovanni trovano il sudario, non buttato lì per terra, ma piegato, annota il Vangelo (cfr. Giovanni 20,6-7). E allora una prima preghiera al Signore, affinché ripeta oggi a Suor Immacolata “alzati, risorgi, rifatti il letto, piega il telo tessuto con fedeltà, in cui hai avvolto la tua vita, prendi parte alla gioia del Paradiso”.
Ma c’è un secondo personaggio significativo nella prima lettura, Tabità, Gazzella. L’Apostolo viene chiamato per la morte di quella sorella. Le vedove della città mostrano a Pietro gli abiti che Tabità confezionava in vita. Pietro le dà la mano e la invita ad alzarsi; la fa risorgere, insomma. Pietro è la Chiesa che offre la sua mano per indirizzare al Signore della vita; la Chiesa che indica, ancora oggi, il cammino per risorgere con Cristo a vita nuova, per avere in sé lo Spirito che dà la vita, di cui ci ha parlato il Vangelo. Questa Parola fa sgorgare un’altra preghiera, fatta da noi, Chiesa radunata oggi nel nome del Signore attorno all’altare: “Signore, ti mostriamo i tanti ricami che suor Immacolata ha confezionato quando era tra noi; ma ti mostriamo soprattutto i suoi ‘ricami’ spirituali. Ripeti per lei le parole di Pietro ‘Alzati, risorgi’ affinché prenda parte alla gioia del Regno dei Cieli, promesso a chi ha lasciato padre, madre e campi”.
Nel Vangelo, ancora una volta è Pietro ad aiutarci nel nostro cammino di fede. Quando il Signore mette i discepoli di fronte a una scelta “volete andarvene anche voi?”, dopo aver compreso che seguire il Signore è esigenza di vita, (Pietro) anche a nome nostro ripete: “Signore, da chi andremo, tu solo hai parole di vita eterna”. È quanto ha sperimentato suor Maria Immacolata; è quanto sentiamo noi, dentro i sentieri tortuosi della vita. E questa mattina, anche a nome di Suor Maria Immacolata, pur di fronte alla durezza della morte che ci separa fisicamente dai nostri cari, ripetiamo la nostra bella professione di fede: Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”. È dentro questa fede che esprimo a voi Monache e ai familiari di suor Immacolata, anche a nome di Monsignor Vescovo e della Diocesi, le condoglianze più sincere.
Ma permettetemi un ultimo ricordo personale. Nel 2012, quando portammo a Claro, per una settimana, l’effige della Madonna del Sasso, suor Maia Immacolata mi commosse, perché a Mons. Storelli e al sottoscritto che accompagnavamo la statua della Madonna disse con signorilità pressappoco così: “Prima di entrare in Monastero a Claro ero salita al Santuario della Madonna del Sasso a salutare la Madonna, sapendo che non l’avrei più vista e le dissi ‘arrivederci in Cielo’. Sono contenta perché la Madonna è venuta lei a trovarmi da Orselina a Claro”.
Effettivamente, provvidenzialmente, è stato così; suor Immacolata ha rivisto la sua Madonna del Sasso qui in Monastero.
Cara suor Maria Immacolata, ora che la Madonna la vede veramente in Cielo, le chiedo un favore: una prece al Signore, a Maria Santissima e ai Santi a noi cari, perché, in questa vigilia della domenica delle vocazioni, guardino alla Chiesa che è a Lugano e a questa comunità monastica che oggi, con fede, la saluta.
Mons. Nicola Zanini, vicario generale della Diocesi di Lugano